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Immagine del redattore01 GIADA BARONI

La manifestazione contro la guerra: Bergamo dice no al conflitto



Bergamaschi e Ucraini scendono in piazza per cercare di alzare la loro voce contro la battaglia in atto nell’ex Stato satellite dell’Unione Sovietica



Bergamo, 26 febbraio 2022- A pochi giorni dallo scoppio della guerra in Ucraina anche a Bergamo iniziano le manifestazioni di pace. Il 26 febbraio alle ore 15.00 è stato organizzato il primo corteo contro la guerra. In piazza non è sceso solo il popolo ucraino, ma anche i bergamaschi che rifiutano la presa di posizione del presidente russo Vladimir Putin e invocano il cessate il fuoco. Come dice l’Art. 11 della Costituzione Italiana “l’Italia rifiuta la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”. Dopo la crisi pandemica nessuno Stato ha bisogno di una guerra, gli ultimi due anni sono già costati la vita a troppe persone.

La crisi ucraina ha radici molto profonde che trovano inizio nel 1991 quando l’Unione Sovietica cadde e l’ex Stato satellite proclamò la sua indipendenza. I casus belli sono stati gli accordi verbali tra Bush e Gorbaciov. Secondo questi l’Ucraina e gli altri Stati di confine tra superpotenze non dovevano allinearsi per ricoprire il ruolo strategico di “Stati cuscinetto”. Dal 2014 in poi la pace nel paese è stata pura utopia, dalle proteste di Euromaidan, passando per la presa della Crimea, fino ad arrivare alle guerre del Donbass. Il tentativo di annessione a NATO e UE è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sentendosi minacciato Putin ha deciso di attaccare su larga scala.

“Inizialmente Putin poteva avere anche ragione, la NATO non stava tenendo fede agli accordi e il confine ucraino con la Russia è molto esteso. Però attaccando e non solo gli obiettivi strategici ha perso ogni ragione. Non si attaccano ospedali e case civili, per nessun motivo” dice la ragazza ucraina incontrata in manifestazione.

“Nonostante non sia ucraino sento questa guerra anche mia, è la prima volta che sento davvero questa paura e voglio fare la mia parte al massimo delle possibilità. Un popolo intero sta soffrendo e non possiamo voltare la faccia. Alla fine chi ci rimette sono i civili” riferisce invece un ragazzo italiano.

Un argomento delicato toccato è quello dell’apprensione per i parenti. La ragazza informa che è difficile rimanere in comunicazione e per questo si fanno brevi chiamate dove la speranza è quella di sentire “stiamo tutti bene”. Sono parole strazianti che colpiscono chiunque le ascolti e spingono a stringersi attorno ad un popolo ferito. Un altro passaggio importante emerso in entrambe le interviste è il pericolo delle fake news. Ovviamente non arrivano tutte le notizie e talvolta si tende ad integrare con fantasia o appoggiando ideali politici. Personaggi di spicco come il calciatore Ruslan Malinovskij e la moglie nel loro piccolo stanno cercando tramite i loro profili social di far arrivare notizie quanto più vere e condividere utili raccolte fondi per gli sfollati.

L’intento degli organizzatori è far capire che pacificamente ci si può opporre ad una condizione sbagliata e pian piano iniziare a cambiare le cose. L’elemento chiave ormai chiaro che emerge è che non importa a che nazionalità si appartiene, la pace è un bene maggiore da preservare.


Giada Baroni








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